Capitolo 5



Capitolo 5
-Maledetto nano viziato- le parole mi risuonavano tanto forti nella mente che mi pareva le potessero sentire tutti. I miei genitori erano arrivati da soli 3 minuti ed avevano già iniziato a farmi il terzo grado. Sul viso di mia madre si leggeva una profonda delusione. Giampi se ne stava seduto, guardando rassegnato il pavimento, ad attendere il suo destino funesto. Dopo che terminammo la nostra discussione, i miei non mi rivolsero più la parola; seguirono interminabili minuti di imbarazzante silenzio che si faceva via via sempre più insostenibile. A spezzare questo terribile silenzio fu il rumore di una porta che si apriva e veniva sbattuta e poi dei tacchi che salivano le scale; parevano petardi. Eccola, seguita a ruota da marito.
“GIANPIETROOOOOOO!!!” Quell’urlo ci fece sobbalzare tutti e quattro. Il viso di quella donna era carico di astio; si fiondò sul figlio e lo strattonò.
Il marito la afferrò e cercò di tranquillizzarla, invano: dovette intervenire il commissario e due agenti per poterla fermare. Quando si calmarono i bollenti spiriti, ricostruimmo tutta la vicenda in presenza dei genitori del nano, che si prese tutto il merito per ciò che non aveva fatto.
Stavamo scendendo le scale, diretti alle macchine e le urla della madre di Gianpietro continuavano a risuonare forti fra i corridoi; arrivati al parcheggio fissai Giampi, lui non riuscì a sostenere il mio sguardo ed entrò nella macchina dei suoi; io e la mia famiglia facemmo altrettanto.
“Ooohh…povero il mio Giuseppino, così deboluccio e indifeso…” Eccola che iniziava a trattarmi come un poppante; quanto mi irritava! Questa è stata l’unica volta che riuscivo ad essere il migliore e quell’altro nano si prende tutti gli onori.
Il viaggio pareva non finire mai. Quando arrivammo a Grantortino vidi che tutti acclamavano Gianpietro come un eroe e che i suoi genitori erano perfino contenti ora, la madre sfoderava un gran sorriso; assurdo! Poco prima gli stava urlando contro e ora, che metà paese festeggia quell’inutile nano, lo esibisce come un trofeo in bacheca. Dovevo esserci io al suo posto! Che ingiustizia! Iniziai a camminare veloce verso casa: se avessi assistito ancora per molto a quella scena avrei iniziato a fare una scenata davanti a tutti.
Aspettai di fronte al portone i miei che arrivavano al passo di una lumaca e appena entrati, salii di corsa le scale ed entrando in camera, sbattei violentemente la porta. Mi buttai sul letto, dove ci rimasi fino al giorno seguente, ripensando a tutta la vicenda e versando qualche lacrima.
A scuola tutta l’attenzione era rivolta a Gianpietro e io non apersi mai bocca, me ne stavo sul banco con espressione vuota, finché non suonò la campanella dell’ultima ora, raccolsi le mie cose e mi diressi mollemente verso casa. Gianpietro fece per avvicinarsi, ma io accelerai il passo e corsi a casa, dove mi rifugiai nuovamente in camera mia da dove sentivo Giampi urlare:
“Giuseppeee! Vieni fuori! Ho bisogno di parlarti!”
Cercavo di ignorarlo; dopo circa un’ora le urla smisero. Non riuscivo a pensare a nulla, la mia mente vagava nel vuoto. Passò una mezz’ora e lo squillo del telefono mi fece sobbalzare. Mia madre, al piano di sotto alzò la cornetta del telefono e la sentii parlare “…si adesso vado a chiamarlo.” Udii i suoi passi lungo le scale… suonavano molto pesanti… mi sembrava di udire anche l’eco, come in un film dell’orrore… mi sembrò un'eternità il tempo che impiegò a raggiungere la mia camera. Deglutii, trattenendo il respiro, consapevole di ciò che stava per
succedere, fissando la maniglia della porta che si abbassava.
Con un cigolio la porta si aprì e mia madre, con espressione assente, entrò
“è Giampietro…” disse porgendomi il telefono.
Afferrai il cordless, lo appoggiai all’orecchio e non dissi niente. Mia madre uscii poco dopo aver studiato il mio viso. Quando scese le scale mi decisi a parlare: “Che c’è?!” dissi bruscamente e svogliatamente allo stesso tempo.
“Senti Giuseppe io… volevo… beh mi riesce un po’ difficile ammetterlo… eri tu l’eroe e voglio chiederti scusa… mi rendo conto che non mi sono comportato molto bene e che non è stato proprio correttissimo prendermi il merito di una tua azione ma… beh … i miei genitori mi avrebbero ammazzato… capisci?”
“Non sei stato proprio correttissimo?! Proprio non capisci! Quando mai mi potrà capitare un’occasione come quella per attirare un po’ di attenzione su di me e per passare come un’eroe?”
cominciavano ad affiorarmi un po’ di lacrime e mi tremava la voce
“ Hai rovinato tutto!”
“… scusami …”
“È troppo tardi per le scuse! Anche se tu adesso dici tutta la verità non sarebbe la stessa cosa!”. Non ce la facevo più, così riattaccai.
Avevo litigato con il mio migliore amico e non credo che sarei mai riuscito a perdonarlo, anche perché Giampietro non è un tipo facilissimo da perdonare, col suo modo di fare. Inoltre non ero visto molto bene in classe mia perché… a quindici anni essere un fanatico dei pokémon non era proprio il massimo. I videogiochi avevano distrutto la mia già carente popolarità, hanno rovinato tutto! Era ora di cambiare. Iniziai a strappare con ferocia dai muri tutti i poster. Ci sarà molto da fare.

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