Quando a scuola fa veramente caldo

La prof. stava ancora spiegando ma nessuno la stava più ad ascoltare: eravamo tutti occupati a fare le cartelle, trepidanti. C'era chi era già pronto che tendeva l’orecchio per udire la campanella e chi addirittura si spostava verso i banchi più vicini alla porta, pronto a scattare.
-Driiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiin!- la campanella suonò e un branco di bufali impazziti sfondò la porta ammucchiandosi su di essa per uscire.
Non era l’ultima ora: ne mancavano ancora due, quelle del prof Ruffo in palestra. Erano i primi giorni di giugno e faceva caldo, molto caldo; l’aria di vacanza si poteva già respirare al liceo Cubi di Vicenza: il clima era piuttosto rilassato, tutti sorridenti al pensiero che a breve sarebbero iniziate le vacanze estive e che comunque le lezioni andavano via via scemando di complessità.
Io non corsi in palestra come gli altri: ci andai camminando non troppo di fretta con i miei compagni Matteo Zoppillo detto Zopp, Gaspare e Diego Veneta, il cui cognome ispirava un sacco di freddure al prof. di geografia Gottardo.
Nascondevamo un sorriso un po’ beffardo dietro la nostra finta espressione indifferente, infatti, per quel giorno avevamo architettato qualcosa: gavettoni!
Procedemmo parlando del più e del meno, senza accennare ai gavettoni ma in realtà non si pensava che a quello, lo si capiva ascoltando i nostri discorsi, sconnessi e insulsi, nessuno pensava troppo a quello che stava dicendo: lasciavamo semplicemente uscire parole a caso.
Arrivati in spogliatoio, apersi lo zaino e tirando fuori i vestiti uscirono pure i gavettoni. Li fissai qualche istante, assorto, dopo di che mi girai verso Zopp, che fissava pure lui pensieroso il sacchetto. Un sorriso furbesco mi si aprì in viso senza che me ne rendessi conto, ma lui disse: “No no, dopo dai…” con voce veramente poco convinta, era visibilmente ansioso di divertirsi.
“Dai Zopp...c’è Diego in bagno, come facciamo a perdere un'occasione del genere?? Gliene tiriamo solo uno in testa mentre piscia! Solo per ridere un po', dai...”
I suoi pensieri gli si leggevano in faccia, finché alla fine cedette:“…ok, facciamolo!”
Riempimmo d’acqua un gavettone ma con la fretta di legarlo ci esplose addosso, trattenemmo a stento le risate. Il secondo invece riuscì perfettamente: entrai nel bagno a fianco a quello in cui c’era Diego e dopo aver calibrato la forza con cui lanciare il gavettone, feci un tiro a cucchiaio in modo che passasse per il buco del muro in alto e colpisse Diego. Beccato in pieno! Scappammo via ridendo come scemi con le imprecazioni di Diego che risuonavano in tutto lo spogliatoio.
Entrammo in palestra, avevamo i piedi fradici per colpa del gavettone non riuscito ma nulla di più. Ci sedemmo per terra, al fianco di Gaspare a cui raccontammo la scena: eravamo così presi dal racconto che non ci rendevamo nemmeno conto che il prof ci stesse richiamando al silenzio. Appena finito di raccontare, entrò Diego fradicio e gocciolante dalla testa ai piedi, con un'espressione veramente spaventosa stampata in volto. Tutti risero un po’, ma io Zopp e Gaspare ci stavamo letteralmente soffocando dalle risate e ridemmo fragorosamente per almeno cinque minuti. Quando ci calmammo del tutto eravamo totalmente indolenziti agli addominali e ogni volta che ci capitava di guardare Diego, ci buttavamo a terra dalle risate mentre lui infuriato ci minacciava e ci insultava.
Il prof non fece una piega, anzi! Mentre faceva l'appello, alzò gli occhi dal registro e li posò su Diego: non poté far a meno di ridacchiare.
Cominciammo il riscaldamento: i piedi bagnati mi davano un po’ fastidio e producevano uno scricchiolio irritante ad ogni passo, ma, vedere Diego fradicio, era una ricompensa cospicua.
La lezione andò avanti senza che accadesse nulla di particolare: Diego si asciugò alla svelta, così come i miei piedi e quelli di Zopp, dato che, fuori al sole, faceva veramente molto caldo; continuammo a fare gli esercizi chiacchierando.
Ad un certo punto Zopp si incantò guardando l’entrata della palestra e io mi girai per vedere cosa c’era di tanto strano: mi incantai anch’io. Alla porta c’era nientemeno che il professore Gottardo: il tiranno di geografia. Stava cercando Ruffo, che però non era in palestra, non so dove fosse andato. Guardò Diego e gli disse: “Tu!” schioccando le dita “Come ti chiami? Vieni qua!”
“Io?” chiese Diego.
“A madonna santa non capisce!” disse spazientito “Ma come diavolo ti chiami?”
“Diego Veneta” rispose con aria tra lo stupito e lo scemo
“Eh Eh” emise una risatina “ma cos’è? Forse che sei una femmina? Eh eh, casomai sarai Veneto”; la sua solita battuta. “Vabbè dai renditi utile e dimmi dov’è andato il professore che gli devo parlare!”
Diego era piuttosto timoroso e rispose con aria innocente: “Beh, io non lo so professore”.
“Beh certo! Come puoi tu sapere dov’è il tuo professore?” disse col suo fastidioso tono ironico poi si rivolse a Guendalina, l'atleta della classe: “Coraggio, dimmi dov’è andato il professore!”
“Ehm…”
“Mio dio ma che classe! Vabbè non voglio perdere altro tempo con voi! Arrivederci.” e se ne andò arrabbiato.
A parte la breve ma inaspettata comparsa del professore Gottardo, non successe nient’altro di interessante in quelle due ore.
Quando l'ora era agli sgoccioli, il prof ci disse di andare a cambiarci e io, Zopp, Diego e Gaspare ci fiondammo verso lo spogliatoio a prepararci per una nuova battaglia.
Riempimmo molti gavettoni e quando fummo pronti, ci allontanammo gli uni dagli altri, come a formare degli schieramenti e cominciammo a sferrare colpi di gavettone a chiunque capitasse a tiro, pure agli innocenti indifesi che cercavano di cambiarsi in pace. Io mi rifugiai in bagno, errore fatale, perché da dietro la porta tirai i miei gavettoni un po’ alla cieca dopodiché, finite le “munizioni”, aspettai, ma Gaspare e Diego mi colpirono dai bagni a fianco e quando uscii, fradicio, trovai Zopp che mi aspettava sogghignante, con l’ultimo gavettone in mano.
Feci appena a tempo ad esclamare “Merda!” che me lo tirò in faccia.
“E che cazzo, grazie ragazzi! Belli stronzi a coalizzarvi!” sbottai.
La battaglia era finita, eravamo fradici ma c'era qualcosa che non mi rendeva soddisfatto del tutto, qualcosa che mi sfuggiva..
Stavamo riempiendo altri gavettoni quando Gaspare esclamò “Oh dai! Andiamo nello spogliatoio delle ragazze? Facciamogli una bella sorpresa...”-Ecco!!-
“Vai! Fatta vecchio!” rispose Diego entusiasta.
“Vai vai! Andiamo!” dissi con un ghigno malefico stampato in viso.
Finito di riempire gli ultimi gavettoni, uscimmo dallo spogliatoio in formazione, sembravamo una gang americana! In corridoio, trovammo la nostra prima preda: “fucilammo” la Baldìsseri, che finiva di cambiarsi sempre prima di tutte, ci sbraitò dietro per un po', ma noi eravamo concentratissimi a raggiungere il nostro obbiettivo: lo spogliatoio femminile!
Irrompemmo senza indugi e quando ci videro e capirono le nostre intenzioni, iniziarono ad urlare, quegli strilli che raggiungevano gli ultrasuoni sarebbero stati insopportabili se non fosse che avevamo un regalino in serbo per loro. C’era veramente molta confusione, eravamo fradici e cominciammo a “sparare a raffica”: alcune correvano a rifugiarsi in bagno, seguite da Zopp e Gaspare, altre tentavano invano di difendersi cercando di sottrarci dei gavettoni ed altre ancora scappavano fuori dallo spogliatoio ancora in intimo. Là sarebbero sicuramente state al sicuro.
Ad un certo punto un “OOH!” coprì tutte le urla e i rumori e nello spogliatoio calò un silenzio di tomba. Era Ruffo che entrò piuttosto arrabbiato, con a seguito le ragazze che erano scappate fuori -se non altro si è sicuramente gustato l'occhio- pensai, quando vidi chi era scappata fuori.
Ci vide subito.
“Oh cazzo!” dissi.
Da dietro si sentì un’altra voce tremendamente familiare: “Ma che modi sono? Cosa sta succedendo?” dalla porta sbucò il professore Gottardo che aveva trovato Ruffo nel momento meno appropriato.
Sentii che mi mancò un colpo al cuore, e penso che anche per gli altri tre la sensazione fosse simile. “Oh vecchio! Siamo nella merda!” mi disse Diego.
“Ma va?” gli risposi sottovoce con tono ironico.
Ruffo non era la mia prima preoccupazione: di sicuro non avrebbe reagito bene, ma sotto sotto ci avrebbe capiti e magari ripensando alla scena si sarebbe fatto quattro risate; il problema più grosso era Gottardo.
La cosa che mi irritava di tutta questa faccenda era che Gottardo proprio non centrava, era solo l’uomo sbagliato al momento sbagliato. Sembrava quasi una combinazione improbabile come si vede in certi film di serie B o in qualche storia patetica, soprattutto perché Gottardo probabilmente in vent’anni di insegnamento, o quelli che erano, non deve aver mai messo piede nella palestra della scuola, né aver parlato con gli insegnanti di ginnastica. Quell’unica volta in cui Gottardo decise di entrare in palestra per parlare con l’insegnante di educazione fisica fu proprio quando NOI stavamo facendo a gavettoni! Tutto questo era assurdo.
Io lo osservai: a me proprio non sembrava, ma secondo gli altri miei compagni era lo sguardo più severo che avessero mai visto. Che Gottardo fosse severo non c’erano dubbi ma che lo dimostrasse dal suo sguardo ce n’erano parecchi!
“Eh eh” ridacchiava sempre prima di prendere in giro qualcuno, non sguaiatamente...non erano nemmeno vere e proprie risate: emetteva solo quei due suoni. “Eh eh!” disse “Veneta! Sei riuscito a trovare il tuo spogliatoio finalmente!”
Diego ci rimase molto male, senza parole, ma io, Zopp e Gaspare ci mettemmo a ridere sotto i baffi. “Cosa stavate combinando qui?” continuò Gottardo “Mamma mia che disastro!” Aveva gli occhi sbarrati, che studiavano ogni angolo dello spogliatoio.
“Ci volevano bagnare con i gavettoni!” si lamentò una delle nostre vittime. Maledetta! Odio quando si intromette un terzo a dare spiegazioni al posto mio! Che pensi ad asciugarsi e stia zitta!
“Cosa sentono le mie orecchie?! Dunque, per ora vi lascio fare i conti col mio collega, ma non crediate sia finita qui per quel che mi riguarda!” concluse Gottardo non per lavarsene le mani, ma per aver comunque modo di farcela pagare nella sua materia. Così adesso avevamo un debito in geografia praticamente assicurato.
“Aspettate qui e chi si muove gli stacco le orecchie!” ci disse Ruffo e portò fuori Gottardo per congedarlo.
Passarono alcuni minuti interminabili, durante i quali suonò pure la campanella; ormai tutte avevano già finito di cambiarsi ed erano pronte ad uscire, tranne noi che restavamo impalati in mezzo allo spogliatoio femminile come quattro idioti, con l’orribile e umiliante divisa del liceo. Ci passarono tutte vicino con un sorriso soddisfatto in volto, ma solo due di loro sembravano quasi dispiaciute all'idea delle terribili conseguenze che ci aspettavano: Laura e Guendalina, che si fermarono in fronte a noi, e la prima disse: “Mi dispiace ragazzi, ma stavolta l'avete combinata grossa. Buona fortuna! E a domani, se siete ancora vivi”. Detto questo, uscì insieme alla compagna. Quando lo spogliatoio si svuotò del tutto, Ruffo rientrò. Aveva un’espressione un po’ severa ma sapevo che sotto sotto se la stava ridendo; ci avrebbe detto: “Dai ragazzi non fate 'ste cose!” o addirittura “Ma proprio adesso che c’era Gottardo dovevate farlo?” e morta lì. Invece si fece scuro in volto e disse duro: “Forza voi quattro venite fuori!”
Uscimmo, ancora fradici, tutti in perfetto silenzio, tranne Diego che doveva per forza dire la sua nel momento meno adatto: “Si ma dai però non abbiamo fatto niente di che!”. Ce lo disse a noi tre a bassa voce ma il prof comunque lo sentì e sbottò “Nonostante siate totalmente nei pasticci continuate a parlare?! Siete incredibili! Adesso vi beccate anche una nota!”
Fu così che fu assegnata l’ennesima nota a qualche innocente per colpa del commento inopportuno di Diego.
Arrivammo in palestra, Ruffo si sedette alla cattedra, tirò fuori una penna e ci guardò. Eravamo attorno alla cattedra che lo osservavamo: “Fatemi venti flessioni intanto che scrivo la nota poi vedrò cosa fare con voi!”
Alla diciottesima flessione il prof chiese a Gaspare “C’era qualcun altro che faceva a gavettoni con voi?”
“Ehm… no ma anche se fosse sarebbe già andato via” rispose facendo le ultime due flessioni.
“Ok. Spero capiate che vi punisco perché non dovevate fare a gavettoni qua a scuola ma soprattutto perché non dovevate farvi sgamare proprio da Gottardo, e sarò buono, mentre, un eventuale complice che è fuggito lasciandovi nella merda, lo smonto!” rispose con una lieve nota di fierezza.
-Beh- pensai –se con noi si definisce buono dandoci una nota, venti flessioni e chissà cos’altro come punizione, chissà uno che viene “smontato”!-
“Allora vediamo cosa potrei farvi fare…” disse con tono tranquillo come se ci fosse un lavoro da fare ma non sapesse da dove cominciare “beh intanto mi sistemate gli attrezzi qui della palestra e poi… vediamo un po’… beh sentite, non è che ci provi gusto, fate una decina di giri di corsa e poi andate a casa, deciso.”
In effetti, nota a parte, non era certo stato troppo severo, perché al di là del fatto che fosse una punizione, se si è in compagnia, sistemare la palestra e correre un po’ può essere anche piacevole. Poteva andarci molto peggio: avrebbe potuto mandarci dal preside che ci avrebbe sospeso. Non ho serbato rancore per Ruffo, ero solo molto infastidito dal fatto che per colpa di Diego mi ero beccato una nota. La cosa che però mi irritava di più, era Gottardo, lui che non c’entrava niente in tutta la faccenda, ce l’avrebbe fatta pagare! Però era anche vero che più di metterci i bastoni fra le ruote non poteva fare: non poteva, ad esempio, in un’interrogazione da otto darci due ma poteva farci comunque domande difficili. Al momento però non avevo voglia di preoccuparmene. Bilancio della giornata scolastica: ho fatto una cazzata enorme a scuola con gli amici e pur non avendola pagata così cara come mi aspettavo, non l'avrei ripetuta mai più!

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