Salto di qualità



“Ehi Guido!”
“Ehila Franco!” rispose Guido posando la giacca su un attaccapanni. “Quali novità?”. Guido era uno chef; proprietario e gestore di un ristorante. Ogni mattina andava ad un circolo, dove si trovavano tutti gli chef più in vista della città.
“Mah… niente di che.. tu?”
“No”
“Anzi si! Ieri è arrivato un critico?”
“Un critico?”
“Si, un critico! Ovviamente era camuffato ma era palese chi fosse!”
Da una poltrona si alzò un altro, era Pasquale, si diresse verso il muro della stanza, su di esso vi era appesa una mappa arrotolata. Tirò un cordino e questa si srotolò, era una mappa della città e vi erano segnati con dei punti rossi quasi tutti i ristoranti del circolo. Pasquale prese il pennarello rosso e segnò il ristorante di Guido.
“Un po’ d’attenzione prego!” disse Pasquale in tono solenne. Tutti gli si fecero attorno “Ieri il critico è stato avvistato in questa zona, con questo siamo a quota dodici, ora,” breve pausa “come potete vedere il critico sta seguendo un preciso percorso, molto complesso, tenta di portarci fuori strada saltando da una parte all’altra della città ma segue comunque uno schema logico!”
“E quale sarebbe, il suo prossimo obbiettivo?” chiese un tipo magrolino dall’aria intellettuale.
“Bene, se segue questo schema, il prossimo sarai tu!” disse indicando Guido, che sobbalzò.
“Io?” rispose sbalordito “sarà meglio che mi metta d'impegno per trovare qualcosa di speciale da proporgli! Quando dovrebbe arrivare?”
“Oggi stesso!”
“Cosa?! Credevo di avere più tempo! Ciao ragazzi devo andare a pensare!” corse via prendendo il cappotto al volo e sbatté la porta dietro di sé. Quando Guido doveva pensare o riflettere, su qualsiasi cosa, era solito rifugiarsi nella sua cucina: la riteneva una sorta di tana, dove poteva stare solo con se stesso, ci andava sempre e ci restava chiuso per ore. Gli piaceva particolarmente quando non c’era nessuno che lo potesse disturbare.
Arrivato al ristorante, aprì la porta ed entrò in cucina, le luci erano tutte spente poiché il ristorante era chiuso; le accese. La cucina era deserta, pulita e in ordine. Niente era fuori posto, non una macchia di sugo sul bancone, non un barattolo fuori posto: la sua cucina era lì, che aspettava solamente di essere usata. Guido rimase qualche minuto ad osservare stregato la sua amata cucina, poi prese il grembiule, il suo cappello preferito, consumato ma ancora bianchissimo. Prese una sedia, la mise davanti alla dispensa, l'aprì e si sedette ad osservare ciò che aveva a sua disposizione. Guido amava tenere tutti i viveri e gli ingredienti, o meglio dei rappresentanti di essi, dato che le scorte le aveva in una stanza apposita, che aveva a disposizione in un armadio enorme, grande come tutta la parete. Quando doveva pensare o inventarsi qualche nuova ricetta, seduto su una sedia, osservava e pensava a possibili combinazioni, che poi eseguiva.
‘Devo trovare una nuova ricetta’ pensò ‘mi serve una nuova ricetta! Se voglio far bella figura, ho bisogno di qualcosa di nuovo! Di unico!’Guido aspettava da anni l’arrivo di un critico di “grosso calibro”, per anni aveva pensato ad una ricetta da sottoporgli e l’aveva trovata. La teneva in
cassaforte ma la utilizzò quando arrivò un critico che doveva essere molto importante; si rivelò semplicemente uno che scriveva in un giornale cittadino che nessuno seguiva. Aveva sprecato la sua ricetta e ci rimase molto male. Non pensò più ad eventualità di quel genere, da quel giorno, ma ora, quindici anni dopo, aveva un’altra occasione; dalle voci che gli erano giunte, quello che
sarebbe arrivato era un critico davvero molto importante. “Speriamo solo che sia veramente importante sta volta” pensò.
C’era un silenzio di tomba in cucina, Guido non muoveva un muscolo, solo gli occhi si muovevano, veloci e attenti, scorrevano più e più volte da destra a sinistra, da sinistra a destra, dall’alto in basso e dal basso in alto. I minuti scorrevano lenti e il ticchettio dell’orologio risuonava in tutto l'ambiente.
Rimase immobile per circa un’ora, finché non vide un pomodoro che gli diceva di sbrigarsi a decidere e di provare a combinarlo con un po’ di melanzane, cavolo e robiola, per condire una pasta. Fece un balzo dallo spavento, non credeva possibile che un pomodoro gli avesse parlato; si avvicino ad esso, lo guardò attentamente. ‘Niente’ pensò ‘è solo frutto della mia fantasia, meglio
non stare altro tempo qua, proverò ad ascoltare ciò che mi ha detto’.
Così fece. Preparò un po’ di pasta, la condì come il pomodoro gli aveva suggerito e l’assaggiò. “Non ci siamo, non è abbastanza originale” disse. Passò un’altra ora a provare diverse combinazioni: preparò una decina di piatti tra primi, secondi e contorni, ma non riusciva a trovare un piatto che lo soddisfacesse del tutto.
Si sedette sulla sedia. Si rialzò immediatamente e cominciò a passeggiare nervosamente per la cucina. ‘è sporca!’ si disse ‘non posso presentare una cucina del genere!’. Pulì la cucina fino a farla brillare. Riprese a camminare nervosamente. Ad un certo punto si aprì la porta. Guido prese uno spavento terribile.
“Buongiorno signore!”, disse un ragazzo entrando in cucina. Era Orazio, lo sguattero.
“Ciao Orazio, mi hai fatto prendere un colpo, non ti aspettavo”
“Sono forse in anticipo? Non è ora di aprire?”
Guido guardò l’orologio, sgranò gli occhi ‘maledizione!’ pensò ‘già mezzogiorno! È meglio che mi dia una mossa se voglio fare il mio salto di qualità sta sera!’. “Il salto di qualità”, era così che diceva, erano anni che aspettava di fare il suo salto di qualità, per far diventare il suo ristorante
un gran ristorante, d’alta classe, dove fosse necessario prenotare giorni prima, dove si andava a mangiare solo la sera e dove si mangiava bene; un ristorante che comparisse in tutte le migliori guide gastronomiche. Questo sognava e questo si aspettava dal suo “salto di qualità”. Il suo era un buon ristorante, apprezzato, con molti clienti ogni giorno e dai buoni guadagni, ma ciò che lui sognava era un ristorante di classe, dai prezzi stratosferici e dalla clientela ristretta; voleva il ristorante migliore della città; non erano tanto i guadagni che gli interessavano, quanto un buon nome e una grande fama.Si era incantato a pensare. “Signore?” disse Orazio con aria interrogativa “Signore? Sono in anticipo?” gli scrollò leggermente una spalla.Guido sussultò “ Ehm... ehm... si si hai ragione! aspettiamo che arrivi qualche cameriere e poi apriamo”. Riprese a fissare il vuoto seduto sulla sedia.
Orazio rispose qualcosa, ma Guido non aveva orecchie per lui, era immerso totalmente nei suoi pensieri. Orazio si ripeté “Signore? Si sente bene, mi sembra molto pensieroso, è successo qualcosa?”
“Eh? N-no no, tranquillo Orazio, non è successo niente, ehm vatti a mettere il grembiule e apri il locale, intanto che arriva il resto del personale”. Guido stava scomodo sulla sedia, continuava a muoversi, si alzò, riprese a passeggiare guardando il pavimento, poi si risedette e continuò così per qualche minuto.
Faceva sempre più fatica a concentrarsi, troppi pensieri gli affollavano la testa, pensava di più alle conseguenze della visita piuttosto che alla ricetta
'Devo trovare una ricetta! Mi devo concentrare!' si diceva 'Se non trovo una ricetta... se non trovo una ricetta sono finito! Devo trovarla, perché se non la trovo verrò deriso, umiliato, mi potrò scordare tutti i sogni di gloria!' a questo pensava, e a nient'altro.
Ad un certo punto alzò lo sguardo, sollevandosi dai suoi pensieri. In cucina c'erano sei o sette persone che andavano avanti e indietro, alcune col grembiule, altre con pantaloni neri e camicia bianca. Orazio vide che era piuttosto spaesato.
“Signore si sente bene?”
“Quanto tempo è passato?”
“Signore cosa sta dicendo?”
“Niente ho bisogno di distendere un po' nervi, vado a farmi una passeggiata, tanto qua sapete gestirvi per una volta che non ci sono io” Così detto, si tolse il grembiule, il cappello, prese la sua giacca ed uscì. Era una giornata primaverile, c'era un bel sole che scaldava, ma al contempo
un fresco venticello. Il clima era molto piacevole. Il ristorante di Guido era in un viale lungo il fiume che attraversava la città. Si incamminò lungo il marciapiede che dava sul fiume. Vi erano alcuni gabbiani appollaiati sui ponti. Guido camminava, guardava per terra, ogni tanto percorreva un ponte per cambiare sponda. Non riusciva a pensare ad altro che al critico ma non gli veniva in mente nessuna ricetta. Ad un certo punto si sedette su una panchina per osservare il fiume, davanti a lui si era appollaiato un gabbiano, gli venne perfino in mente di cucinarlo, quindi si alzò e prosegui.
Dopo circa due ore e mezza Guido tornò al ristorante, i tavoli erano già apparecchiati per la sera. A Guido venne un po' d'ansia, sentiva la pressione salire pensando che mancavano poche ore. Erano le tre passate, in cucina avevano appena finito di pulire ed erano andati via quasi tutti. Orazio era ancora lì col grembiule addosso:
“Salve signore! Si sente meglio?”
“Salve ragazzo... insomma... non riesco a pensare...”
Guido si tolse la giacca si mise il grembiule e il cappello e si sedette sulla sedia davanti all'armadio. Dopo qualche minuto che Guido era seduto davanti all'armadio, Orazio si schiarì la voce. Guido sussultò “Che c'è? Perché sei ancora qui?”
“Come? Non si ricorda? Mi aveva detto che mi avrebbe insegnato a cucinare un pomeriggio a settimana, sono già due mesi che lo fa”
“Oh ma certo, me l'ero scordato, beh, oggi faremo qualcosa di più particolare, invece di cucinare delle ricette già esistenti, proveremo ad inventare qualche ricetta va bene?”
“Va bene!”
A Guido si stampo un grosso sorriso in faccia, sperava che il ragazzo lo avrebbe aiutato se non altro a concentrarsi su una nuova ricetta. “Signore? Posso chiederle una cosa?” disse Orazio “Cos'è che la preoccupa tanto? Di solito non è così pensieroso, è successo qualcosa?”
“Beh vedi... in effetti si, sta sera verrà qui a cenare un critico di culinaria, e io non sono sicuro su cosa preparargli...”
“Non sceglie dal menu?”
“Si, ma se prendono la specialità della casa...”
“Capisco” Orazio stava cominciando ad emozionarsi, sorrise, se Guido chiedeva il suo aiuto, per lui era una grande vittoria; ma in realtà a Guido, Orazio serviva solo per concentrarsi sulla ricetta.
“Bene cominciamo!” Guido si sfregò le mani “Per prima cosa, partiamo da un ingrediente e lo accostiamo a ciò che più s'addice”. I due scelsero diversi ingredienti dall'armadio, li accostarono in diversi modi, cucinarono un sacco di piatti, ma il più delle volte finivano col creare piatti già esistenti, e nel resto dei casi le ricette non convincevano molto lo chef.
Il sole iniziava a scendere e la luce era già un po' rosata; Guido cominciava ad agitarsi, un pochino anche Orazio. I due continuavano a sfornare e ad assaggiare piatti, tanto che avevano la pancia stracolma e, continuando a passare da carne, a verdure, a pesce, non distinguevano più i sapori più delicati.
“Basta non ce la faccio più ad assaggiare piatti!” disse Guido disperato “E' inutile! Non siamo riusciti a produrre nulla degno di nota, addio sogni di gloria!”
“No signore, non dica così! Possibile che non ci sia nessun piatto che possiamo servire?”
“Si in effetti una ci sarebbe. Sta mattina ho trovato un buon sugo per la pasta, inoltre quel secondo che abbiamo fatto, non mi dispiaceva...”
“Quella col timo e il pomodoro?”
“Si quella, dobbiamo inserirla nel menù, hai una bella scrittura?”
“Si abbastanza”
“Ok allora scrivi: Menù specialità della casa, metti i nomi dei due piatti, contorno... ehm tegoline e patate arrosto e il dessert sceglilo tu.”
“D'accordo”
Guido diventava sempre più nervoso, ogni minuto che passava. Non riusciva a star fermo, la tensione era alle stelle. “Dove cavolo sono finiti tutti? Mancano solo venti minuti all'apertura e voglio che sia tutto perfetto”
“Stia tranquillo arriveranno”
In cinque minuti, il personale era già tutto presente e Guido lo radunò per parlargli. “Allora, sta sera, è una serata molto importante, ne va della reputazione del locale: verrà un critico culinario!”
Un cameriere disse “E lei come fa a saperlo? Non dovrebbe venire in incognito?”
“Si chiaro, ma ho ricevuto una soffiata, è stato avvistato in diversi ristoranti, segue uno schema ben preciso, oggi verrà qua!”
“Come hanno fatto a capire che era un critico?”
“Segreto professionale, ci sono un sacco di indizi che fanno capire se uno è un critico o no. Comunque.. stavo dicendo, verrà un critico, quindi siate perfetti, mi raccomando non possiamo permetterci il minimo errore e adesso forza! Aprite il locale e mettiamoci all'opera, Orazio hai scritto il menù della casa?”
“Si ho appena finito”
Guido andò in cucina, ma restò davanti alla porta per osservare dall'oblò. I clienti arrivavano piuttosto numerosi come al solito, I tavoli si stavano piano piano occupando, a Guido venne il terrore che il critico trovasse tutto occupato. Fino a quel momento, nessuno corrispondeva alla descrizione che aveva ascoltato la mattina al circolo. Erano quasi le nove e nessuno che sembrasse il critico era entrato nel locale. Guido si demoralizzò tantissimo. Pensò che la storia del critico era tutta una balla, così perse tutte le speranze, stava quasi per mettersi a piangere. Fece per andarsene dalla sua postazione quando vide un tizio entrare: alto circa uno e settanta, sulla cinquantina, non molto grasso, dall'aria completamente inespressiva e con un sacco di altre caratteristiche che corrispondevano alla descrizione che gli era stata fatta. Un sorriso gli si stampò sulla faccia, la tensione tornò improvvisamente molto alta e Guido si agitò improvvisamente. Un cameriere andò ad accogliere il nuovo cliente, lo accompagnò al tavolo e gli consegnò il menù. Il signore lo aprì, osservò il menù, sembrava quasi che lo studiasse, prese un taccuino e scrisse delle brevi note: non c'erano più dubbi, era il critico! Chiamò il cameriere e ordinò qualcosa. Non appena il cameriere entrò in cucina, Guido lo travolse “è lui! È lui! Sono sicuro! Cos'ha preso? Dai a me!” e strappò di mano il foglio con l'ordinazione “Lo sapevo! Il menù della casa! Glielo faccio io!”Si fiondò a prendere gli ingredienti, mise una pasta sul fuoco e preparò il sugo, il piatto era pronto a tempo di record, l'assaggiò 'perfetto!' pensò. Lo consegnò al cameriere ed andò a vedere all'oblò: 'dev'essere un mago nel poker!' pensò guido osservando la sua faccia completamente inespressiva. Dopo il primo boccone il critico annotò qualcosa, senza far trasparire la minima espressione. La stessa scena si ripeté con il secondo e con il dessert. Alla fine della cena il critico chiese un digestivo. Guido si cambiò, si mise un grembiule pulito, prese un bicchierino, versò un amaro, mise il bicchiere su di un piccolo vassoio d'argento e lo portò personalmente al critico. Appena lo raggiunse posò il vassoio davanti a lui e disse con non calanche: “Com'era la cena signore?”
FINE

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